Fila la lana…

Fila la lana, fila i tuoi giorni, Illuditi ancora che lui ritorni

Libro di dolci sogni d'amore, Apri le pagine al suo dolore…

Fabrizio De André

La Guerra non era “combattuta” solo dai soldati, anche le donne in un certo senso combattevano dando una mano ai loro uomini finiti per obbligo in prima linea a scontrarsi non solo con il nemico ma anche con topi, pidocchi, freddo ...

Il freddo, forse il peggior nemico nelle prime linee a quelle quote. Fa freddo anche in piena estate di giorno a 2500 metri e quelle giovani vite potevano contare nelle dita di una mano le belle e calde giornate, lì dove regna la neve eterna dei ghiacciai.

Chi sa quale mano ha tessuto quella manopolina, forse seduta vicino al fuoco di un caminetto, forse mentre i bambini giocavano tra loro, forse la sera tardi quando il lavoro di una intera giornata era terminato. 

Forse tra un ferro e l’altro una lacrima avrà bagnato quella lana, pensando al proprio ragazzo perso tra le Vette.

Sapevo che quello era stato luogo di combattimento, che lì, 100 anni prima, uomini avevano visto con occhi diversi le stesse Montagne che io stavo osservando. E’ un gironzolare senza meta, un  vagare ora silenzioso,  un  passo dopo  l’altro  affondare nel

ghiaione, finche per non scivolare poggio a terra le mani e sento qualcosa di strano: via la terra, via la ghiaia fine, spunta della lana lavorata. Rimango interdetta.

Arriva Jorasses, il mio cane che punta il tartufo ed inizia il tipico sbuffo del cane che annusa. “Spostati peloso”, “non ci penso nemmeno umana; il mio naso ha sentito qualcosa. Fammi vedere, dai, fatti la; facciamo che ti aiuto?”

Con calma cerco di liberare quella lana; Jorasses mi aiuta con il naso e non molla di un centimetro. In una manciata di minuti mi ritrovo la manopolina tra le mani e il mio cane scodinzolante mi guarda soddisfatto senza perdere di vista quel prezioso oggetto, quasi orgoglioso di quel ritrovamento.

Finisce in un sacchettino, dentro allo zaino e la nostra marcia prosegue, non più soli ma con un amico in più, già un amico che improvvisamente inizia a parlare, a raccontare delle notti gelide, del freddo che sferzava, delle stellate e delle nevicate, di quanto quella manopolina l’abbia aiutato, salvato ...

So per certo che quelle mani son tornate a casa e hanno stretto le mani di tutte quelle donne rimaste a casa ad aspettare, sedute vicino a quel caminetto, mentre i bimbi giocavano, lavorando la lana da inviare al fronte per altri Soldati.

Ora, mio Eroe, sappi che la Tua manopolina è stata presa in consegna dalle mani di due donne, è stata lavata con delicatezza, liberata dalla terra, ripulita, ricomposta, e sistemata, messa in modo che diventi visibile, il tutto sotto gli occhi di Jorasses.

Un guanto spuntato dopo 100 anni, con il suo bottone ancora cucito, tutto sommato in buone condizioni, una lavorazione semplice ma fondamentale per cercare di mantenere calde quelle mani che dovevano tenere la posizione, sfuggire al rombo dei cannoni, sparare al nemico, costruire trincee, scavare nella neve, ma anche aiutare un compagno ferito, fermare il sangue di qualche ferita, chiudere gli occhi a qualche caduto, battere la spalla ad un amico, consolare e dar coraggio.


Riposa mio Eroe, con quelle mani che da bambino hanno accarezzato il viso della Tua mamma, da ragazzo imbracciato il fucile al posto di accarezzare i capelli della Tua fidanzata, riposa mio Eroe la Tua manopolina è ritornata nelle mani di due donne, riposa e fatti tenere stretto dalle donne che ora hai attorno, riposa in pace.s


Sonia Carrain

“Mammina, cara, […] non corro alcun pericolo e sto bene. La lana che tu mi hai mandato mi difende dal nemico più implacabile e le tue lettere che mi giungono anche qua, mi danno ogni giorno un attimo di gioia che basta alla mia schematica felicità di fantaccino”.

Enzo Valentini - Fronte della Marmolada  27 ottobre 1915