Artiglierie
Bombarde
Si trattava di armi a tiro curvo di dimensioni ridotte, progettate per l’impiego in trincea e capaci di tirare a brevi distanze una forte carica esplosiva.
La loro gittata era variabile non solo modificando l'inclinazione della canna (alzo), ma anche aumentando o diminuendo le cariche di lancio o la lunghezza della canna.
La struttura intrinsecamente fragile di questo tipo di armi le rendevano pericolose per i serventi, con scoppi frequenti del proiettile all’interno della bombarda stessa, come avvenne il 1° novembre 1917 a Punta Serauta, quando un proiettile difettoso da 240 esplose uccidendo 14 alpini.
Fra i modelli utilizzati sul fronte fassano ricordiamo la bombarda da 58B e la bombarda da 240 L.
Cannoni
Considerando la natura impervia del terreno, i cannoni maggiormente utilizzati sul fronte fassano furono i piccoli calibri da montagna; in particolare il cannone da montagna da 70 mm ad affusto rigido, soprannominato dagli Alpini “Saltamartin”per il suo rinculo balzellante, ed il più moderno cannone da montagna da 65 mm, entrambi in grado di utilizzare granate torpedo e shrapnels.
I cannoni di grosso calibro (le cosiddette artiglierie d’assedio), quali il cannone da 149 G ad affusto rigido o i cannoni da 120 mm della Regia Marina vennero mantenuti nelle retrovie; erano armi inadatte all’utilizzo in un territorio così impervio, in cui la principale esigenza era disporre di artiglierie a tiro curvo, ed erano gravate da alcune importanti limitazioni tecniche quali la scarsa durata della canna che andava fuori uso dopo circa 700 colpi ed un sistema di alzo a doppio vitone concentrico che, per effetto del violento rinculo, si deteriorava rendendo il tiro impreciso. Gli affusti rigidi costringevano ad artifizi per ridurre il rinculo e a ripetere le operazioni di puntamento, rendendo il tiro lento ed impreciso. Per favorire la progressione su terreni accidentati o sulla neve e ridurre il rinculo le ruote venivano munite di speciali cingoli (cingoli Bonagente, dal nome del loro progettista).