…feriti e sfigurati

I medici militari dovettero confrontarsi con nuove problematiche cliniche legate all’utilizzo dei nuovi armamenti: in particolare le ferite da arma da fuoco o da schegge erano il più delle volte complicate da infezioni e dalla gangrena gassosa, la cui unica terapia era costituita dall'amputazione.

Ma a queste patologie tipicamente belliche si aggiungevano le malattie reumatiche, le lesioni legate all’esposizione alle basse temperature (congelamento, assideramento, piede da trincea) le patologie psichiatriche (shock da bombardamento, nevrosi da trincea), le malattie veneree e le infezioni (colera, tifo, scabbia e la terribile influenza “Spagnola”).

Nella speranza di sottrarsi al combattimento, molti soldati si procuravano piaghe iniettandosi sotto la pelle olio di vaselina, petrolio o trementina o si si inducevano congiuntiviti usando sostanze irritanti; altri simulavano pazzia finendo internati negli ospedali psichiatrici.

Il sistema più diffuso era costituito dalla ferita d’arma da fuoco autoinflitta alla mano o al piede, ma le caratteristiche della lesione ed il calibro del proiettile, permettevano alle speciali commissioni mediche, introdotte allo scopo di frenare il fenomeno, di identificare i  casi di autolesionismo da deferire alla Corte Marziale.

Una particolare problematica fu il trattamento delle mutilazioni. Venne affinata la tecnica protesica con la realizzazione di arti artificiali in grado di sfruttare le strutture muscolo-tendinee rimaste integre.

Venne creata anche una nuova  branca chirurgica ,la chirurgia bucco-facciale,  per riparare alle devastazioni estetico-funzionali delle ferite al volto.