…1916

L’inverno mise a dura prova entrambi gli schieramenti, non adeguatamente equipaggiati ed addestrati a combattere in condizioni così estreme. Già nel mese di dicembre 1915 le temperature erano scese oltre i -25° C accompagnate da ripetute bufere di neve.

Tutto ciò arrestò le operazioni  che si limitarono a sporadici colpi di mano da entrambe le parti, mentre tutti gli sforzi furono concentrati ad adattare le trincee e le postazioni alle mutate condizioni ambientali.

Il 13 gennaio 1916 il capitano Arturo Andreoletti, comandante del ”Val Cordevole”, scalò insieme a tre Ufficiali i torrioni delle Creste di Costabella allo scopo di identificare un sito adatto per il posizionamento di un un pezzo da 70 mm che pochi giorni dopo fu trasportato alla quota 2801.

Le abbondanti nevicate rendevano il manto nevoso instabile e le numerosissime valanghe travolsero gli accampamenti italiani  all’Ombretta, sulla Costabella e al Sass del Mul. Ai primi di marzo le valanghe interruppero le comunicazioni tra Malga Ciapela e il passo di Ombretta; il 9 marzo enormi valanghe seppellirono 200 soldati a Tabià Palazze, in Val Ciamp d’Arei, ed altri 60 a Malga Ciapela; la neve seppellì centinaia di Soldati a Fuciade (40 alpini) e nella zona fra la Mesola ed il  Passo d’Ombretta.

Alla fine dell’inverno, gli Austriaci occuparono alcune postazioni chiave sul ghiacciaio della Marmolada;  in particolare, la postazione  sulla forcella Serauta, chiamata postazione “S” (“Forcella a VU” per gli Italiani), rappresentava il punto chiave per la difesa del settore Fedaia e delle due cime  principali della Marmolada.

Tale postazione, posta a quota 3000, consisteva di alcune trincee scavate nel ghiaccio, da alcune piccole caverne in roccia e da sacchetti di sabbia e ghiaccio. I rifugi erano di legno ricoperto da cartone catramato e teli incerati.

Gli alpini avevano attaccato con successo gli avamposti austriaci sulla cresta del Serauta che era stata pesantemente fortificata.

Riflettori illuminavano le vie d’accesso alle postazioni austriache che venivano battute giorno e notte dal fuoco delle artiglierie ed i rifornimenti potevano giungere solo di notte e con mille difficoltà legate anche all’altitudine ed alla presenza di crepacci; tutto ciò indusse gli austriaci ad iniziare lo scavo  di gallerie sotto la superficie del ghiacciaio tra le postazioni della cresta “Dodici” e la postazione “S” (“Città di Ghiaccio”).

Ogni tentativo di conquista della postazione “S” da parte delle truppe italiane risultava, comunque, vano.

Sulla base dell’esperienza della “guerra di mine” condotta sul Col di Lana e sul Lagazuoi,  gli  italiani iniziarono, pertanto, i lavori per conquistare la “Forcella a Vu” tramite una galleria d’assalto.

Il 5 ottobre, sulle Creste di Costabella,  le truppe italiane condotte dal tenente Francesco Barbieri occuparono con un colpo di mano le postazioni austriache dette “Testa di Principe”, catturando 104 prigionieri oltre a sei mitragliatrici ed un cannone da montagna. Nell’azione il tenente Barbieri perse la vita: gli alpini si accanirono contro l’autore del gesto e contro i  feriti  austriaci che vennero gettati in un canalone. L’intervento  deciso di un ufficiale medico italiano pose fine alla rappresaglia.

A metà ottobre iniziarono nuovamente abbondantissime nevicate, tanto che il capitano Leo Handl propose di trasferire all’interno della “Città di Ghiaccio” l’importante centro di rifornimenti dislocato al Gran Poz, sul versante meridionale della Marmolada. Tale richiesta fu respinta dai comandi austriaci. Il 12 dicembre 1916, dopo una settimana di nevicate copiose, la temperatura iniziò a crescere ed iniziò a piovere; all’alba una massa nevosa stimata in più di duecentomila metri cubi si staccò da Punta Rocca e si abbattè su Gran Poz seppellendo nel sonno trecento soldati. Lo spostamento d’aria fu così violento da scagliare una baracca ed i suoi occupanti a più di un chilometro di distanza. I soccorritori riuscirono ad estrarre vivi cinquanta uomini, gli ultimi dei quali a ben cinque giorni dall’evento.